Tutto ciò serve a comprendere il principio chimico su cui si basa la fotografia analogica: la fotosensibilità dei sali d'argento.
Per creare ciò ci siamo serviti di alcuni oggetti come forbici, monete, biro, carta fotosensibile, un ingranditore con lampadina e le tre vaschette contenenti: sviluppo, arresto e fissaggio.
Entrati nell'aula oscura, abbiamo tenuto acceso solo luci (rossa e giallo-verde) a cui la carta non è sensibile, dopo aver composto la creazione sul foglio fotosensibile e posta sotto la luce ancora spenta, l'ho accesa per un secondo e poi subito spenta. Nella parte di carta fotosensibile non coperta dagli oggetti la luce ha colpito i sali d'argento iniziando così la loro trasformazione in argento metallico; si forma così un'immagine latente, ovvero un'immagine presente sul foglio ma non visibile a occhio nudo.
Nella parte di carta fotosensibile coperta dagli oggetti la luce non colpisce i sali d'argento presenti su di essa, così da non modificare il loro stato. Poi ho immerso la fotografia nello sviluppo; qui la parte del mio fotogramma colpita dalla luce attraverso il rilevatore accelera il processo di riduzione e permette di vedere l'annerimento dei sali d'argento, mentre la parte non colpita dalla luce (dove si trovavano gli oggetti) non essendosi avviato il processo di riduzione del sale d'argento, quest'azione (sviluppo-rilevatore) è nulla; non c'è alcun annerimento da rilevare.
Passata poi l'immagine fotografica nell'arresto; sulla parte colpita dalla luce viene bloccata l'azione di sviluppo mentre su quella che non è stata esposta alla luce è nulla.
Come ultimo passaggio ho immerso l'immagine nel fissaggio dove sia la parte colpita dalla luce che non colpita viene resa inalterabile; infine ho lavato il mio fotogramma sotto acqua corrente per pulirlo dai sali e dai chimici.
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